Uno dei temi che stanno emergendo con maggiore evidenza e frequenza tra i provider di AI è la tendenza a iniziare un progetto o un ragionamento con “qui inseriamo l’AI”. Ma quanto questo approccio è legato a una reale necessità di inserire l’intelligenza artificiale e quanto invece all’hype che l’AI sta avendo sul mercato? Con questo articolo proviamo a fare chiarezza partendo dalla differenza tra un agente AI e un flusso automatizzato (disponibile anche pre-AI) per arrivare a riconoscere velocemente quando serve l’uno e quando l’altro.
Porteremo anche l’esperienza di un nostro case study verticale sul mondo manufacturing in cui l’AI non era necessaria a inizio progetto e lo è diventato per sbloccare dei quick win in una fase successiva.
Le basi: differenza tra automazione e agente AI
Partiamo dalle basi, perché quando parliamo di intelligenza artificiale è molto importante avere delle basi nitide, anche semplici, sulle definizioni e sui concetti. Il rischio altrimenti è di non comprendere la complessità degli scenari.
Volendo semplificare al massimo potremmo dire che una automazione “tradizionale” segue regole predefinite, non le interpreta. Una specie di “quando succede questo, fai quello”.
ESEMPIO PRATICO per visualizzare cos’è una automazione: prendi un'email con oggetto "fattura" che presenta un allegato in formato PDF. L'automazione estrae il file, legge la data e il fornitore dal nome, salva il documento nella cartella (es. in Dropbox) corretta seguendo la struttura anno/mese/fornitore. Qui non abbiamo alcuna interpretazione, solo esecuzione di step definiti. Questo esempio e questa procedura funzionano perché il formato è prevedibile e le regole sono fisse e perimetrabili.
Continuando la semplificazione, veniamo all’AI: possiamo dire che un agente AI invece comprende e interpreta.
ESEMPIO PRATICO per visualizzare cos’è un agente AI: l’agente legge un'email dove il cliente scrive "la macchina fa un rumore strano quando freno in discesa". Comprende che si tratta di un problema ai freni, valuta il livello di urgenza dalla descrizione, verifica se ci sono richiami attivi su quel modello, decide se aprire un ticket per il service center o se proporre una prenotazione urgente. In altre parole, gestisce la variabilità e il contesto anche se questi cambiano ogni volta, poi decide in base all’interpretazione che ne ha fatto.
Ma quindi dove sta la differenza? Dobbiamo sempre chiederci che tipo di apporto viene dato al processo su cui stiamo lavorando. Se l'input è sempre simile e le azioni conseguenti sono mappabili in un diagramma di flusso, l'automazione molto probabilmente è sufficiente. Se l'input varia e servono valutazioni contestuali, allora abbiamo uno scenario in cui l’AI può portare valore..
Quando l'automazione semplice risolve il problema
Proviamo a descrivere altri esempi in cui l’automazione - ben costruita, mappata e manutenuta - può svolgere egregiamente il suo compito senza l’AI.
- Gli ordini da e-commerce che arrivano in formato JSON con sempre gli stessi campi: prodotto, quantità, indirizzo, metodo di pagamento. Un'automazione può leggere questi dati, inserirli nel gestionale, generare la bolla di spedizione, inviare email di conferma al cliente, tutto senza interpretazione perché il processo si ripete uguale.
- Le notifiche basate su soglie numeriche sono un altro esempio in cui l’AI non ha senso di esistere. Quando l'inventario di un prodotto scende sotto le dieci unità, il sistema invia automaticamente un'email al fornitore con la richiesta di riordino. La decisione è a tutti gli effetti binaria e schematica: sotto la soglia si ordina, sopra no.
Possiamo ricavarne un pattern? Sì, anzi, dobbiamo:
- c’è sempre un input standardizzato (INPUT)
- le regole e le condizioni sono chiare (PROCESSO)
- l’output è prevedibile (OUTPUT)
C’è poi un impatto anche sui costi, perché automazioni semplici non richiedono grossi investimenti anche se il volume di informazioni è molto elevato, proprio a seguito di tale ripetitività. Pochi euro al mese di licenza, un software di mercato o custom, assenza di competenze tecniche avanzate.
Nei progetti che valutiamo in Reesonance, circa il 30% delle richieste iniziali di agenti AI si risolvono con automazioni più semplici e questo è un dato importante. Che, poi, anche in quel 30% dei progetti l’AI porti un grande valore è un altro tema che affronteremo dopo, perché in quel caso la questione è legata alla strategia complessiva del progetto, che spesso viene purtroppo trascurata a vantaggio della tecnologia.
Quando serve l'intelligenza artificiale
Anche in questo caso, usiamo esempi che aiutino a visualizzare scenari e condizioni. Partiamo dal caso che forse più di tutti si collega all’attivazione dell’AI: le richieste di assistenza clienti. Queste infatti sono scritte in modi sempre diversi: "il prodotto non funziona", "dopo tre giorni si è rotto", "ho un problema con l'ordine vgd6a", "vorrei parlare con qualcuno dell'articolo che ho comprato". Tutte esprimono bisogni diversi con linguaggio diverso e una automazione tradizionale farebbe fatica a classificarle correttamente.
Un agente AI invece legge il testo, comprende e identifica l'intento anche se la formulazione cambia, quindi estrae le informazioni rilevanti e instrada la richiesta al reparto giusto.
Qui la decisione contestuale richiede di valutare più variabili nello stesso momento. Ed essendo inoltre molte, troppe variabili per creare regole fisse, la semplice automazione mostra tutti i suoi limiti e si ferma. L'AI invece pesa questi fattori e propone la soluzione più adatta.
L'approccio ibrido funziona meglio? Molto spesso, sì
Nella maggior parte dei casi che affrontiamo in Reesonance, la soluzione migliore combina i due mondi, l’ automazione semplice e AI. La regola da seguire è molto semplice: si usa l’AI solo dove serve intelligenza, si usa l’automazione per tutto il resto; questo approccio consente anche di mantenere i costi controllati e non creare castelli troppo complessi da gestire.
Partiamo da un caso studio reale - customer service - che abbiamo implementato per un cliente del settore hospitality, uno dei camping a 5 stelle sul lago di Garda, tra i più grandi d'Europa.
Quando arriva una richiesta via email, un'automazione crea il ticket nel sistema e notifica il team. L'agente AI legge il contenuto dell'email, estrae date, numero ospiti, preferenze espresse in linguaggio naturale. Un'automazione interroga il database delle disponibilità con una query SQL standard. L'AI compone la risposta personalizzata considerando il tono della richiesta originale e la tipologia di cliente. Un'automazione invia l'email e aggiorna i record nel CRM.
Qui ogni componente fa ciò per cui è più adatto e funzionale, non c’è solo AI.
- L'AI interpreta il linguaggio naturale e personalizza comunicazioni
- Le automazioni spostano dati, interrogano database, inviano notifiche
Il risultato è un sistema più efficiente ed economico di uno interamente basato su AI.
Per questo nei progetti che sviluppiamo in Reesonance identifichiamo prima di tutto i punti dove serve interpretazione e lì inseriamo l'AI. Tutto il resto viene automatizzato con strumenti tradizionali. Separare interpretazione da esecuzione ha ridotto i costi del 40% rispetto a una soluzione interamente AI.
Tre errori comuni
Implementare AI perché è di moda porta a costi alti e benefici bassi. Non dobbiamo lasciarci guidare dall’entusiasmo o da strabilianti forecast di saving che poco hanno a che fare con la realtà dei fatti: l’AI porta saving importanti nel tempo e se implementata in azienda secondo roadmap pianificate e mirate, combinando quick win a risultati di lungo termine.
- Sottovalutare la potenza di una automazione semplice è esso stesso un errore. Molti processi hanno solo bisogno di essere digitalizzati, poi l’AI potrà entrare in un secondo momento, ma in una prima fase l’AI non è in grado da sola di rivoluzionare un processo.
- Se non consideri la manutenzione potresti avere problemi nel tempo. L'AI richiede aggiornamenti continui. I modelli vanno riaddestrati quando cambiano prodotti, policy, linguaggio dei clienti. Le automazioni semplici sono stabili. Una volta configurate continuano a funzionare senza interventi. Il costo totale di proprietà va valutato su tre anni, non sul primo anno.
- Voler automatizzare processi mal definiti fallisce sempre. Se il processo manuale è caotico, automatizzarlo non risolve il caos. L'automazione assume un ruolo di amplificazione: se il processo è buono lo migliora, se è cattivo lo peggiora.
La scelta giusta dipende sempre dal problema
Come si è compreso da questo articolo, la domanda non è se l'AI sia migliore dell'automazione, ma è “quale problema stai risolvendo” e “quale strumento è più adatto a risolverlo”. L'AI è uno strumento potente per gestire complessità, variabilità e linguaggio naturale, può portare dei benefici enormi in quasi tutti i processi aziendali oltre che al miglioramento generale della customer experience che brand, team e retailer offrono ai loro clienti. Ma ha costi e complessità propri.
Valutare correttamente quando serve AI e quando basta automatizzare fa la differenza tra un progetto che genera valore e uno che consuma risorse senza risultati. L'analisi del processo viene prima della scelta della tecnologia. Capire input, regole, frequenza, costo dell'errore e competenze disponibili guida verso la soluzione giusta.







