Nelle conversazioni con innovation manager e responsabili customer service emerge spesso una domanda legittima: "Come cambierà il ruolo delle persone con l'introduzione dell'intelligenza artificiale?" È una questione che merita attenzione, perché ogni trasformazione tecnologica porta con sé cambiamenti organizzativi significativi. I dati che stiamo raccogliendo da diverse implementazioni mostrano un'evoluzione interessante: l'AI tende a modificare la natura del lavoro umano piuttosto che semplicemente ridurne la quantità.
Quando la produttività diventa strategia
Partiamo dai numeri, perché sono eloquenti. Uno studio condotto da ricercatori del MIT e pubblicato sul Quarterly Journal of Economics ha analizzato l'introduzione di assistenti conversazionali basati su AI generativa in un'azienda di customer service con oltre 5.000 agenti. I risultati mostrano un aumento medio della produttività del 14%, che sale al 34% per gli operatori meno esperti. Ma il dato più interessante non è questo.
Ciò che lo studio rivela è che l'AI agisce come un acceleratore della curva di apprendimento: dissemina le best practice degli agenti più capaci e aiuta i nuovi arrivati a raggiungere livelli di competenza che prima richiedevano mesi o anni. In altre parole, non sostituisce l'intelligenza umana ma la distribuisce in modo più efficiente all'interno del team.
Dai nostri progetti in Reesonance osserviamo esattamente questo pattern. Quando implementiamo agenti AI conversazionali, il primo effetto tangibile non è la riduzione dell'organico ma il miglioramento qualitativo delle interazioni. Gli operatori smettono di essere "risponditori di FAQ" e diventano problem solver strategici.
Il shift invisibile: così le persone passano da esecutori a orchestratori
Prima dell'AI, un operatore dedicava circa il 70% del tempo a domande ripetitive: stato ordini, reset password, informazioni standard su prodotti. Attività necessarie ma meccaniche.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità identifica la ripetitività come fattore chiave del burnout nei ruoli customer facing. Quando un professionista qualificato passa la maggior parte del tempo su compiti meccanici, la soddisfazione crolla.
L'AI gestisce automaticamente il 95% delle richieste standard. Restano agli umani i casi che richiedono giudizio ed empatia: conversazioni con clienti che hanno ricevuto ordini sbagliati in momenti critici, situazioni dove serve flessibilità sulle policy aziendali, escalation che possono danneggiare o rafforzare la relazione con il cliente.
Emergono nuovi ruoli
Quando elimini il rumore di fondo, emergono competenze che prima rimanevano latenti. Noi di Reesonance lo vediamo accadere sistematicamente: dopo l'implementazione dell'AI, i team di customer service sviluppano naturalmente nuove specializzazioni.
C'è l'operatore che diventa "AI trainer", responsabile di affinare le risposte dell'assistente virtuale analizzando le conversazioni critiche. C'è chi evolve verso il ruolo di "conversation designer", costruendo flussi di dialogo che bilanciano efficienza e tono umano. Altri ancora si specializzano nella gestione delle escalation complesse, diventando i referenti per tutti quei casi dove l'intelligenza emotiva fa la differenza tra un cliente perso e uno conquistato.
Uno studio della Harvard Business School su consulenti che utilizzano GPT-4 ha documentato un aumento del 40% nella qualità del lavoro prodotto, proprio perché l'AI gestisce la parte esecutiva permettendo ai professionisti di concentrarsi su analisi, creatività e relazioni. Il risultato non è meno lavoro umano, ma lavoro umano migliore.
Cosa succede alla retention?
Le aziende che implementano l'AI nel customer service registrano un calo del 43% nel turnover degli operatori di prima linea. Introduci tecnologia che automatizza compiti e le persone restano più a lungo.
I professionisti del customer service lasciano per frustrazione, non per carico di lavoro. Otto ore al giorno a ripetere le stesse risposte, gestire clienti arrabbiati per problemi banali risolvibili automaticamente. L'AI elimina questa parte. Resta spazio per casi complessi che richiedono giudizio.
Una ricerca su 5.000 agenti: il 92% di chi lavora con AI riporta maggiore soddisfazione. Motivi citati: meno compiti ripetitivi, più conversazioni che richiedono competenza. Nei contesti sanitari l'AI che gestisce burocrazia amministrativa libera due-tre ore al giorno per operatore.
Cosa cercano davvero i clienti?
I dati: il 75% delle persone preferisce ancora un agente umano per questioni complesse o emotivamente cariche. I clienti vogliono risolvere il problema nel modo più rapido ed efficace. Se la domanda è "dov'è il mio ordine", un assistente AI che risponde in 30 secondi batte 15 minuti di attesa. Ma se la situazione è "ho ricevuto il prodotto sbagliato il giorno del compleanno di mio figlio", serve empatia e capacità di giudizio.
L'AI gestisce volume, velocità, disponibilità continua. Gli umani gestiscono complessità, contesto, relazione. Funziona quando le aziende assegnano i casi in base a queste caratteristiche, non a caso o per risparmiare costi.
Ll'implementazione superficiale è il primo rischio
Va detto chiaramente: non tutte le implementazioni di AI nel customer service producono questi risultati positivi. Esistono casi dove l'introduzione di tecnologia ha effettivamente peggiorato la situazione per i dipendenti. Succede quando l'AI viene vista come un semplice taglio dei costi piuttosto che come un amplificatore di capacità umane.
Se implementi un chatbot scadente che frustra i clienti e poi scarica tutti i casi problematici su un team sottodimensionato, non hai risolto nulla. Hai solo spostato il problema e aggiunto un livello di frustrazione. Lo stesso vale per sistemi di AI monitoring che misurano ossessivamente ogni secondo di conversazione creando pressione invece di supporto. Per questo è importante non iniziare subito scegliendo un tool e andando per tentativo, ma iniziare con un processo che grazie alla strategia porti a una introduzione graduale.
La differenza sta nell'approccio. Le aziende che vedono l'AI come un modo per "fare customer service con meno persone" falliscono. Quelle che la vedono come un modo per "fare customer service migliore con le stesse persone" prosperano. Dai progetti che seguiamo in Reesonance, la variabile determinante è sempre il coinvolgimento dei team nella progettazione e nell'evoluzione degli agenti AI. Quando gli operatori si sentono co-creatori della soluzione piuttosto che destinatari passivi, l'adozione è fluida e i benefici si materializzano rapidamente.
Verso una cultura del valore, non del volume
Per decenni le metriche dominanti sono state quantitative: ticket chiusi, tempo medio di gestione, volume di chiamate. Un assistente AI gestisce migliaia di conversazioni simultanee con tempi di risposta in millisecondi. Gli umani non possono competere su queste dimensioni.
Le aziende spostano le metriche di valutazione degli operatori. Esempi: percentuale di clienti che minacciano di cancellare l'abbonamento e poi restano, numero di bug di prodotto identificati attraverso conversazioni con clienti, riduzione dei tempi di onboarding per nuovi membri del team.
Klarna ha implementato un assistente AI a inizio 2024. L'assistente ha gestito due terzi delle conversazioni in un mese, equivalenti al lavoro di 700 agenti. Gli agenti umani sono stati riassegnati: alcuni su formazione di nuovi colleghi, altri su analisi delle conversazioni per identificare problemi ricorrenti, altri su gestione escalation. I tempi di risoluzione per richieste standard sono scesi da 11 minuti a 2.
Il fattore upskilling
Qui emerge un tema che non può essere ignorato: l'AI cambia le competenze richieste, e questo crea responsabilità per le aziende. Se prima bastava conoscere bene il catalogo prodotti e avere pazienza, ora servono capacità analitiche, familiarità con sistemi tecnologici, competenza nell'interpretare dati.
Le organizzazioni che affrontano questa transizione con programmi strutturati di upskilling vedono risultati drammaticamente migliori. IBM ha documentato che team che utilizzano piattaforme di coaching basate su AI registrano un aumento del 25% nella soddisfazione lavorativa, ma questo successo dipende dall'investimento in formazione continua.
Non basta implementare la tecnologia, bisogna accompagnare le persone. Significa workshop su come collaborare efficacemente con assistenti AI, formazione su nuovi tool di analisi, opportunità di sviluppare competenze emergenti come il prompt engineering per sistemi conversazionali. Le aziende che trascurano questo aspetto si ritrovano con tecnologia sottoutilizzata e team frustrati.
Guardare al 2026 e oltre
Uno studio Gartner del 2024 prevede che entro il 2026 l'AI gestirà il 95% delle interazioni di customer service. I ruoli umani cambiano.
Alcuni operatori si specializzano in escalation complesse, altri analizzano pattern nei dati di conversazione per identificare problemi ricorrenti nei prodotti o nelle policy aziendali. Altri ancora lavorano sul training dell'AI: revisionano conversazioni dove il sistema ha fallito, suggeriscono nuove risposte, testano varianti.
Le aziende che ottengono risultati investono in formazione continua e cambiano le metriche di valutazione. Non più "quante chiamate gestite per ora" ma "quanti clienti a rischio churn sono stati trattenuti" o "quanti problemi sistemici sono stati identificati e risolti". Il volume lo gestisce l'AI, gli umani lavorano su impatto.
L'efficienza libera, non riduce
L'obiettivo non è fare le stesse cose con meno persone, ma assegnare compiti diversi.
I professionisti gestiscono casi complessi invece di ripetere risposte standard. I clienti ottengono risposte immediate per domande semplici, accesso a competenza umana per problemi articolati. Le aziende scalano il servizio mantenendo qualità nelle interazioni critiche.
I progetti Reesonance con maggior successo condividono una caratteristica: l'AI gestisce routing e risposte automatizzabili, gli umani ricevono formazione su de-escalation e problem solving complesso. Esempio: un cliente retail ha ridotto il tempo medio di risposta da 12 minuti a 45 secondi per richieste standard, aumentando del 34% il tempo dedicato dagli operatori a casi che richiedevano personalizzazione.
Il customer service diventa più umano quando gli umani possono concentrarsi su empatia e giudizio invece che su task meccanici.
Fonti
- Brynjolfsson, E., Li, D., & Raymond, L. R. (2023). Generative AI at Work. NBER Working Paper 31161.
- Dell'Acqua, F., McFowland III, E., Mollick, E., Lifshitz-Assaf, H., Kellogg, K. C., Rajendran, S., Krayer, L., Candelon, F., & Lakhani, K. R. (2023). Navigating the Jagged Technological Frontier: Field Experimental Evidence of the Effects of AI on Knowledge Worker Productivity and Quality. Harvard Business School Working Paper 24-013.
- McKinsey & Company. (2024). The State of AI in 2024: Productivity, Efficiency, and the Future of Work.
- World Health Organization. (2022). Burnout in the Workplace: Key Indicators and Prevention Strategies.
- Klarna. (2024). AI Assistant Performance Report: First Month Results.
- Microsoft Industry Blogs. (2024). AI-Powered Customer Care Elevates Customer Satisfaction.
- IBM. (2024). The Impact of AI on Employee Satisfaction and Retention in Customer Service.
- ISG Research. (2025). Customer Preferences in AI-Assisted Support: The Human Touch Factor.
- Deloitte. (2024). Contact Center AI: ROI Models and Implementation Best Practices.
- Accenture. (2024). The Future of Customer Service: Balancing Automation and Human Expertise.








